venerdì 1 novembre 2013

Per una nuova geografia delle Marche

Le Marche sono descritte come la regione delle cento città, terra dei tanti campanili dove ogni piccolo paese conserva fieramente la propria identità e si presenta, storicamente, come una realtà pressoché autosufficiente con i propri servizi essenziali, i piccoli teatri, i campi sportivi, la chiesa, la scuola…
E’ questa ancora l’immagine della geografia che applichiamo alle Marche e che riproponiamo negli spot turistici così come nelle relazioni sull’andamento socio-economico regionale .
E’ questa ancora la struttura amministrativa: 239 municipi per una popolazione complessiva di 1.541.692 abitanti  (al 30 /10/12), con una dimensione media per comune di 6450 abitanti, dai 100.343 di Ancona ai 128 abitanti di Acquacanina (MC).
Una struttura insediativa, gerarchicamente ordinata, derivata dallo Stato Pontificio, rimasta la stessa con l’unità d’Italia e negli anni dell’industrializzazione. E’ a quella struttura insediativa che ci riferiamo ancora parlando delle Marche.


Eppure la geografia reale della nostra regione è profondamente cambiata, specie negli ultimi 50 anni e non tanto per l’ammodernamento delle rete infrastrutturali, che anzi non altera sostanzialmente l’intelaiatura esistente, fondata sul pettine formato dalla direttrice adriatica e dalle penetrazioni vallive, essendo intervenuto soltanto sulla “portata” dei singoli assi strutturali. Ciò che è mutato radicalmente, tanto da definire una geografia davvero nuova rispetto a quella a cui ancora ci riferiamo è la forma e l’organizzazione dello spazio urbano.
Non è soltanto un fenomeno dovuto all’estensione della superficie urbanizzata ad una scala territoriale, come alcuni studi hanno già sottolineato, in quanto per molti versi nelle Marche si era già storicamente affermata una fisionomia da “città-territorio”.  Né si può riferire ancora il fenomeno al concetto generale di sprawling urbano che interessa, seppur con diverse modalità, tutti quei territori che hanno assistito ad una rapida industrializzazione negli ultimi decenni del ‘900.   Si tratta in modo più peculiare di una evoluzione dello sprawling che ha addensato in alcuni ambiti territoriali dei sistemi urbani complessi attorno alle relazioni particolarmente intense formatesi tra città contigue. Queste nuove configurazioni, definite dagli urbanisti più rigorosi come “sistemi policentrici urbani”, sono in continua evoluzione, ma costituiscono già da tempo la nostra realtà consolidata.
Sebbene si siano formati a partire dalla dimensione della “rete” insediativa e del “sistema territoriale”, questi addensamenti, caratterizzati da una spiccata specializzazione funzionale per zone, hanno iniziato a definire vere e proprie “configurazioni” urbane. Stanno dando vita cioè a vere e proprie nuove città con una loro “forma” specifica.
Non si tratta certo della forma urbana geometricamente definita sulla separazione netta tra città e non città, poiché sempre di moderno fenomeno di città-territorio stiamo parlando, ma la particolarità con cui il sistema insediativo si organizza sulla morfologia territoriale, entra in relazione con gli elementi fisici del paesaggio, colloca e organizza i grandi parchi territoriali rispetto alle aree insediative e produttive, distribuisce le dinamiche interne ed i flussi anche con nuove reti di mobilità, tutte queste modalità assumono una “forma” ed un “disegno” indipendentemente dal fatto che noi ne abbiamo o meno consapevolezza.
Se poi iniziassimo ad esaminare i flussi e le dinamiche socio-economiche nel loro disporsi sul territorio ci accorgeremmo che queste nuovi complessi urbani “funzionano” anche come tali. E questo nonostante la nostra vecchia visione geografica continui ad imporre logiche diverse, a partire dall'organizzazione amministrativa, alla gestione dei servizi e della programmazione.

Perché la questione della geografia delle Marche deve essere ritenuta importante? Perché non può essere ridotta ad una stucchevole esercitazione accademica da architetti dalla mentalità vecchia e superata che ancora cercano di predicare l’importanza della pianificazione nell’epoca della deregulation?   Semplicemente perché la capacità di sopravvivenza di una civiltà sta proprio nella sua capacità di vedere la realtà che ha di fronte e stabilire con essa e per mezzo di essa rapporti chiari. Perché la mutazione socio-economica che stiamo affrontando ci impone una riorganizzazione della struttura sociale e amministrativa e per far questo occorre partire dalla realtà.

Da tempo si discute attorno al superamento della dimensione provinciale e comunale verso una nuova entità amministrativa di “area vasta”, di scala intercomunale, in modo da ridurre l’organizzazione amministrativa del territorio in due livelli: regionale e, appunto,  di area vasta. Si tratta di questioni riconosciute come afferenti alle dinamiche economico-organizzative dettate dalla necessità di ridurre la spesa pubblica e di snellire gli iter burocratici. Una questione che si “cala” sul territorio anziché partire dal territorio.
Che cos’è infatti questa area vasta, come possiamo individuare i comuni che ne faranno parte, nessuno lo sa. In nome dell’area vasta assistiamo a fusioni volontarie di comuni, sempre dettate da motivi di risparmio nella spesa e/o efficienza nei servizi, che avvengono per vicinanza politica tra questo e quel sindaco e per complessi di convenienze locali.
In altri termini le entità geografico-amministrative su cui si dovrà fondare la nuova struttura sociale sembra debbano essere “create” , inventate a partire da motivi che nulla hanno a che fare con la realtà ma che hanno a che fare soltanto con ragioni di opportunità.

Se tuttavia guardiamo alla realtà della nuova geografia delle Marche ci accorgiamo che gli ambiti intercomunali, i sistemi policentrici, esistono già e vanno semplicemente “riconosciuti”. E che partire da quel riconoscimento, fondando su di esso la riorganizzazione del paese, è determinante per stabilire il senso di questa riorganizzazione e sulla capacità che essa avrà di determinare un rinnovamento “reale” della società.
In altri termini il modo con cui affronteremo la questione dell’ “area vasta” sarà decisivo rispetto al cambiamento che ci si propone di indurre nella struttura socio-economica della nostra regione. Se guarderà ad un territorio immaginario non sarà che un cambiamento a parole. Se guarderà al territorio reale sarà un cambiamento reale in grado di incidere, anche solo potenzialmente, sul nostro futuro.
 
la divisione amministrativa della provincia di Fermo
Purtroppo nella nuova legge urbanistica regionale, prodotta dalla giunta regionale, non c’è traccia di una riflessione su questa tematica, che pure è essenzialmente urbanistica.
E invece è proprio la discussione attorno alla riorganizzazione del sistema della pianificazione l’occasione vera per prendere atto della nuova geografia marchigiana e fondare su quella la ristrutturazione del sistema amministrativo e del welfare, facendo coincidere gli ambiti d’area vasta con le unità di base del sistema sanitario ed assistenziale, dell’istruzione, dei servizi a rete, del recupero,dell’energia….

evidente la non corrispondenza della "geografia politica" rispetto
alla geografia reale del sistema insediativo nell'area del fermano












Un'occasione irripetibile, se vogliamo davvero semplificare e rendere più efficiente la macchina pubblica, se vogliamo davvero innovare il Paese, se vogliamo davvero cambiare nell’interesse delle Marche e della sua gente.

Inizieremo su Ippòdamo una lettura sintetica delle nuove configurazioni urbane delle Marche a partire, per il momento, dagli aspetti morfologico-distributivi delle nuove realtà insediative.

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