venerdì 22 agosto 2025

Ancona capitale della cultura… in cerca di un perché

 

L’ostinata candidatura di Ancona a capitale della cultura 2028 sembra mossa da motivi che con la cultura c’entrano assai poco.

Forse una rivalsa verso la “grandeur” di Pesaro, che da sempre aspira a rimpiazzare la città dorica come capoluogo di regione, pur sentendosi più romagnola che marchigiana.

Forse una naturale competizione politica tra centrodestra e centrosinistra, in vista delle elezioni regionali e volta a dimostrare la capacità di ottenere finanziamenti.

Il ministro Giuli, in una recente visita alla città, ha affermato:  Ancona è splendida, ma va promossa meglio”.  Parole che da un lato assolvono la brama della città di ergersi a faro culturale del Paese, riconoscendo il valore del suo glorioso passato, ma dall’altro esprimono una mancanza di fondo.

E sarebbe poco serio ridurre questa sensazione ad una insufficiente capacità di comunicazione.

Perché al di là delle bellezze ereditate dal passato (quelle si da comunicare meglio) e di qualche piccolo gioiello, come il museo Omero, sul piano culturale Ancona oggi offre ben poco. Molto al di sotto delle sue potenzialità.

Che cosa ha fatto Ancona negli ultimi decenni per affermarsi sul piano culturale?

La Pinacoteca è ancora priva di una direzione che ne sappia promuovere i pur ingenti tesori. Il teatro delle Muse, 13° in Italia per capienza, ha una stagione teatrale paragonabile a quella di altri teatri minori della regione. La cittadella del Sangallo è in attesa ancora di recupero e resta nascosta dietro una cortina di alberi. Il molo clementino, vera promenade storico-architettonica della città nel suo porto, sta per essere annegato in una banchina di cemento per permettere l’approdo delle grandi navi da crociera. Il centro storico mostra ancora i vuoti dei bombardamenti del 1943 e decine di edifici storici sono in abbandono dai tempi del terremoto del 1972.  Il tentativo di avviare il percorso per un “vero” museo-laboratorio del mare è stato annichilito sul nascere e sostituito di recente con il progetto di un banale surrogato interattivo.

Per aspirare seriamente a divenire capitale culturale di un paese come l’Italia una città deve aver dimostrato di aver assunto un ruolo importante nello scenario culturale nazionale ed internazionale – e questo Ancona non l’ha oggettivamente fatto – o almeno di avere un progetto straordinario da costruire nell’immediato futuro.

Un progetto che sappia fare della città un laboratorio culturale capace di attrarre l’attenzione della cultura internazionale nei prossimi decenni. E questa è l’unica prospettiva che Ancona può mettere in campo. Ma questa prospettiva ad oggi non c’è.

Lo stesso ministro Giuli, ha parlato di “rigenerazione culturale”, della “ricerca di una identità“, come di cose che devono manifestarsi in un progetto forte e chiaro, a cui tutta la comunità Anconetana concorra. Un progetto che  non può certo essere improvvisato in pochi mesi con qualche questionario on-line o con la ricerca di un brand.  Brand di che cosa?

Parlare di un’idea di città, di un polo culturale, per una realtà come quella di Ancona che ha la sua storia millenaria legata al mare ed alle relazioni col vicino oriente, significa alludere alla possibilità che questa città possa assumere oggi, come e più che in passato, un ruolo specifico e importante a livello nazionale e più ancora a livello internazionale, verso i balcani e il mediterraneo orientale.  Qualcosa di ben più fondato e concreto dell’iniziativa adriatico-ionica, ma che ne può costituire la maturazione.

Possiamo e dobbiamo pensare a scelte ambiziose che guidino processi culturali a vari livelli, attraendo forze dall’esterno verso la città.

1.       Il legame con il porto e con il mare:

- Valorizzare la “città di Vanvitelli” inserendo in questo contesto la riqualificazione del Lazzaretto come atrio della città storica.

- Riacquisire l’accesso della città al porto storico fino alla banchina, dallo scalo Vittorio Emanuele all’intero molo clementino, con un programma di delocalizzazione progressiva verso l’area sud di funzioni più strettamente legate allo scalo marittimo (Capitaneria di Porto, Finanza, etc…)

- Ripensare ed eventualmente ampliare limitatamente l’area della Fincantieri, cercando in quel contesto un’eventuale soluzione per lo scalo delle crociere.

- Destinare un edificio esistente, o da realizzare, sul fronte del porto come “Palazzo del mare” in cui concepire un laboratorio-museo, orientato in modo particolare al tema della salvaguardia ambientale del mediterraneo nel contesto dei cambiamenti climatici in atto  (facendo convergere nelle attività laboratoriali l’istituto nautico, UNIVPM, CNR e le associazioni di categoria del comparto della pesca)

 

2.       Ancona (il centro storico) città del dialogo e dell’incontro:

Partendo dal valore della sua storia e dei molteplici legami che la città ha sempre saputo stringere con le città del levante, possiamo pensare ad un nuovo ruolo per questa città in questo preciso e complesso momento storico, approfittando della sua posizione di ponte tra occidente ed oriente, della disponibilità di una serie di manufatti storici importanti e inutilizzati (per il recupero dei quali la città non è in grado di provvedere né economicamente né funzionalmente)?

- Ancona città interculturale (la nuova Sarajevo). Grazie alla vicinanza con Loreto e la sua natura di “porto di Assisi” è davvero così difficile pensare che Ancona possa divenire luogo di incontro e discussione teologico-filosofica (ma anche artistica) tra le diverse espressioni culturali del mediterraneo? Ogni cultura-religione potrebbe avere qui una sua sede, investendo nel recupero degli edifici storici inutilizzati, e portando una nuova feconda vivacità nel comune obiettivo della reciproca conoscenza, della pace del dialogo. Dall’incontro nascerebbero continue occasioni di eventi culturali che dalle terre d’oriente, ma anche da occidente, troverebbero in Ancona il loro teatro naturale.

- Il centro storico come “porto franco”. Questo luogo deputato all’incontro potrebbe divenire una “città libera”, con innumerevoli vantaggi soprattutto per il commercio e la rivitalizzazione del centro storico (ma anche di tutta la città). La conformazione della città storica su un promontorio, con pochi accessi da controllare, appare particolarmente idonea a gestire un porto franco.

- La rivitalizzazione finalmente del centro storico comporterebbe anche la necessità di un rinnovamento del sistema di accesso e spostamento, reinterpretando con tecnologie d’avanguardia il tema identitario della “città verticale” e della “città ipogea”. L’Ancona fatta do ombra e luce, come appare nelle xilografie di Bruno da Osimo o nella descrizione di Dino Garrone che fa assomigliare le sue strade, nelle ore del primo pomeriggio, al mantello di una zebra.

In queste ed altre “visoni” di una città davvero nuova e al contempo davvero sé stessa, è possibile costruire una seria candidatura della città dorica a capitale della cultura italiana.

E’ in grado Ancona, la sua comunità, la sua classe dirigente, di sviluppare in modo adeguato, con la giusta competenza e passione, queste visioni portandole a costruire davvero una nuova idea di città?

Questa è la domanda da cui partire. E nel caso in cui la risposta fosse negativa, meglio lasciar perdere, ed evitare alla nostra città l’ennesima disillusione, l’ennesimo imbarazzo.